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“Siamo tutti migranti, se non voi, i vostri genitori, o i vostri nonni, i bisnonni, sicuramente i vostri trisavoli…”.
Questa affermazione può suscitare reazioni diverse; non tutti sentono di potersi o volersi definire migranti, soprattutto quando hanno trascorso molti anni nel Paese di arrivo, possono aver creato famiglie interculturali e hanno perso gran parte dei legami familiari e sociali con il luogo di origine.
Il capitolo I si concentra sulle donne italiane migrate da lungo tempo a Berlino. I soggetti sono donne che hanno lasciato il Paese in cui sono nate e cresciute e hanno trascorso la maggior parte della loro vita adulta in Germania.
L’intervista è un’occasione per intraprendere un viaggio nella memoria. Ogni partecipante ha la possibilità di dare spazio alle diverse emozioni e magari di riconoscere qualcosa di nuovo sulla propria esperienza.
Il ritratto è un ricordo di questo viaggio e queste serie sono un modo per riflettere sulla migrazione come terreno comune arricchente piuttosto che come spartiacque.
Angela IT->DE dal 1998
Per me casa è Berlino. L’ho capito nell’ultimo anno e mezzo cercando di trascorrere più tempo in Sicilia. Qui ho trovato tutto lo spazio necessario per fare le cose che volevo fare.
“Casa per me è un momento di connessione”.
Paola IT/PL ->NL->DE dal 2005
Quando sono partita, mi sono resa conto di avere molte domande sul mio passato, sui tabù della mia famiglia. Trovandomi in un ambiente sconosciuto mi sono sentita inquieta, persa, senza radici.
Questa vulnerabilità mi ha spinto a cercare un modello, qualcuno con una storia simile alla mia, che avesse vissuto gli stessi problemi. Ho sentito il desiderio di scoprire la mia genealogia da una prospettiva femminile, di trovare un modello che sentissi come mia radice, come mia casa.
Mia nonna è diventata un modello per il suo coraggio.
Elettra IT->DE dal 1980
Prima arriva l’euforia, poi ci si calma e c’è un momento di grande solitudine. In quel periodo di solitudine andai alle 21.00 al binario 21 della stazione ferroviaria di Francoforte.
Il treno Francoforte-Palermo partiva da lì proprio a quell’ora.
C’è una canzone di Lucio Dalla che ne parla:
“Ferma con quelle tue mani il treno Palermo-Francoforte
Per la mia commozione c’è una ragazza al finestrino
Gli occhi verdi che sembrano di vetro
Corri e ferma quel treno fallo tornare indietro”
Delia IT->DE dal 1991
“Non essere a casa” per me è la sensazione di non essere in grado di accettare le cose come sono, di dire semplicemente: va bene così! Le cose vanno bene così come sono. Ma irrigidisciti e cerca l’errore: qui c’è qualcosa che non va! Non lo sento! Non è il mio posto! Stare all’erta, temere il proprio errore e quello degli altri e vedere che le cose non si incontrano”.
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